Trasformare una passione in lavoro. Intervista ad Alessandro Eremiti, Head of Italian Content per Minute Media.
È cambiato il modo di comunicare, “trasmettere” ed informare. Sono cambiate le piattaforme, le modalità di condivisione ed aggiornamento. Cambiano le professioni, i mezzi ed il linguaggio. Per capire un po’ tutto questo abbiamo intervistato Alessandro Eremiti, Content Creator e Head of Italian Content per Minute Media.
Noi siamo dei tuoi grandi ammiratori, ma presentati ai nostri lettori. Chi sei, cosa fai e quale è stato il tuo percorso professionale dai primi passi sino ad oggi?
Innanzitutto grazie, per me è un vero piacere poter raccontare quel che faccio. Sono Head of Content dell’edizione italiana di 90min.com da quattro anni e quando serve do anche una mano con i contenuti in italiano di The Players’ Tribune, che è un altro dei brand di Minute Media. Mentre studiavo lingue orientali, ho iniziato a scrivere per Vocegiallorossa.
Una volta finità l’Università, ho vinto una borsa di studio che mi ha portato a vivere in Kuwait per un anno. Lì ho capito che avrei voluto continuare la mia esperienza all’estero e quindi mi sono trasferito a Londra.
Prima di incontrare l’opportunità che mi portasse a fare questo ho cercato di acquisire esperienza in lavori che potessero essere affini: ho curato l’edizione italiana di Football Manager e ho lavorato per CityWire, un magazine di economia. Diciamo che da questo punto di vista essere a Londra ha aiutato, perché ci sono tante opportunità creative.
Quanta soddisfazione ti da trasformare una passione in un lavoro? E soprattutto, come hai fatto?
Devo essere onesto, all’inizio non te ne rendi neanche troppo conto, oggi ci sono momenti in cui ti fermi e sorridi ripensando a quando eri bambino e giocavi o guardavi calcio dalla mattina alla sera.
Qualche mese fa ero a Stamford Bridge in occasione della partita per l’Ucraina. A un certo punto mi sono trovato davanti Shevchenko e Rebrov che erano i miei calciatori preferiti di ISS Pro perché giocavo con l’Ucraina. È stato bello.
Ho avuto la fortuna di incontrare un Editor in Chief che mi ha dato la possibilità di mettermi in gioco. Questo mondo è in costante divenire, quindi ho iniziato a proporre idee che sono piaciute e mi sono ritagliato il mio spazio.
Social media e storytelling. Oggi siamo bombardati da tantissimi content creators e programmi, format social e non. Una comunicazione di massa ma anche in molti casi di qualità. In questo contesto come sei riuscito a crearti il tuo seguito ed il tuo stile? Una questione anche di esperienza fatta sul campo?
Creare il proprio stile paradossalmente è semplice. Devi essere te stesso. Creare un personaggio da social media lontano dal tuo modo di essere a lungo andare ti fa peccare in autenticità e ci sarà sempre qualcuno con un linguaggio più genuino pronto a rimpiazzarti.
Poi ho cercato di capire il contesto. Sono a Londra, c’è la Premier League che è un palcoscenico che attira l’attenzione di tutti, proviamo a vedere se piace.
Sin da subito sono arrivati feedback positivi da molti addetti ai lavori e quindi continuo a provarci ogni volta. L’esperienza aiuta moltissimo. Credo che molta gente finisce per rimanere impantanata dal desiderio di perfezione. La perfezione non esiste.
Parti, fai, sbaglia, migliora e continua a migliorare. Non c’è altra strada.
Il tuo lavoro ti permette di viaggiare, raccontare club, calciatori, personaggi stadi e tifoserie. Sono viaggi e storie di passione. C’è qualcuna alla quale sei particolarmente legato o che ti ha impressionato positivamente?
Grazie davvero per questa domanda, perché mi ha dato la possibilità di ripensare alle tappe percorse fino a qui e mi ha fatto sorridere perché ci sono stati tanti momenti belli. A livello emotivo, sicuramente il Mondiale in Qatar.
Sono riuscito a farmi approvare una serie che si chiamava “The Only Italian in Qatar” e sono andato a Doha per la fase a gironi. Una mattina, nonostante non fosse programmato, ho scelto di scrivere su un cartellone “Per favore abbracciatemi, sono l’unico italiano in Qatar”. In un’ora avrò abbracciato 400 persone di tutte le nazionalità.
Credo che quello insieme al Canto degli Italiani urlato nel centro di Doha insieme a tutti non lo dimenticherò mai. Se devo scegliere un calciatore, ti dico Stephan El Shaarawy. Abbiamo creato un contenuto ed è stato super partecipe in tutte le fasi. Il club senza dubbio il Bayern Monaco, perché ti fa percepire la propria grandezza in ogni angolo delle sue strutture.
Parlando della tua professione. Quali devono essere – secondo te – le principali skills di uno sport content creator?
Preparazione. Se vuoi raccontare una storia la devi conoscere altrimenti è difficile trasmettere qualcosa. Non essere schiavi della telecamera. Se non hai niente da dire, meglio non accenderla. So che è difficile perché viviamo nel mondo della quantità, ma credo che a lungo termine possa aiutare ad aumentare la propria credibilità. Tenacia.
Preoccuparsi immediatamente dei numeri non ha troppo senso, anche perché i fattori che determinano i numeri di un contenuto sono molteplici e dipendono tantissimo dalle piattaforme. L’unica cosa che possiamo controllare sono la qualità e la dedizione in quello che facciamo. Ecco quello non deve mai mancare.
Poi ti direi saper comunicare. Oltre a quello che racconti deve esserci un come lo fai. In ultimo, ma non che sia meno importante, saper ascoltare. I feedback sono uno degli strumenti di crescita più preziosi che abbiamo.