Intervista a Giorgio Abeni, Project Manager Modena FC

L’intervista esclusiva con il Project manager del Modena FC Giorgio Abeni.
Partiamo dal calcio giovanile. Spesso si parla di riforme del nostro calcio e di ripensare al sistema per valorizzare i giovani. Su quali aspetti dobbiamo lavorare nello specifico?
Nel sistema calcistico la prima distinzione la troviamo all’interno del Regolamento Status trasferimenti calciatori nel quale vengono inserite due tutele per la redistribuzione economica per le società che formano o hanno formato i calciatori ossia l’indennità di formazione e il contributo di solidarietà.
Nelle NOIF abbiamo invece il premio di preparazione per la firma del primo vincolo, il premio alla carriera, il premio di formazione in ambito italiano.
Di conseguenza io credo che le norme a tutela dello sviluppo del settore giovanile ci siano e siano importanti per società che formano gli atleti in un’ottica di ridistribuzione delle capacità spese per formare un giocatore.
Allo sviluppo del settore giovanile serve in primo luogo uno sviluppo del talento attraverso un management competente. Non basta più estro, fantasia e esperienza ma servono competenze base e pianificazione. In secondo luogo la scelta del training quindi degli allenatori calibrata sul miglioramento dell’atleta in base alla fascia d’età.
A ciò si collega una progressione motivazionale dovuta a un percorso ben strutturato anche per i giovani. Bisogna tralasciare la paura di puntare su ragazzi di qualità e arrivare così alla costruzione del giovane calciatore per permettere la crescita dei talenti nazionali.
La riforma perciò non deve riguardare il sistema premiante ma deve essere sostanziale del sistema che vada a posizionare le persone giuste nelle posizioni giuste.
Solo così il giovane atleta sarà valorizzato nel suo massimo potenziale genetico e tecnico.
Quale crede siano le problematiche causate dal Covid nel mondo del calcio dilettante e come uscirne?
Lo scorso anno, con l’emergenza sanitaria, le problematiche riscontrate ci hanno posto di fronte a una scelta: rallentare il progetto di external network management o al contrario potenziarlo.
Ecco, nell’anno del Covid il numero di società affiliate è passato da 30 a circa 106 di cui 80 nella Struttura Italia ed Estero e il progetto ha avuto un successo incredibile.
Al progetto è stato affiancato un percorso formativo di I° e II° livello svolto in modalità telematica che ha registrato un numero altissimo di partecipanti (circa 450 per ogni webinar).
Siamo convinti di poter potenziare i 3 pilastri del progetto: quello della formazione con un percorso di I°, II° e III° livello, il pilastro scouting con valutazione degli atleti delle nostre società affiliate e con prove a Modena oltre che con amichevoli chiamate “criterium”; il pilastro eventi per aumentare sempre di più la fidelizzazione e potenziare il marchio stesso della società.
Il nostro progetto è uno dei più importanti nel panorama calcistico italiano sia dal punto di vista tecnico che da quello meramente numerico.
Cercheremo di potenziarlo nella ricerca costante del talento e nella valorizzazione del marchio Modena FC.
Lei ha grande esperienza nel mondo del calcio giovanile, professionistico e dilettantistico. Oggi è Project manager del Modena FC e responsabile del progetto Affiliate Modena Struttura Italia ed Estero. Quali sono gli obiettivi raggiunti e quali le aspettative per la prossima stagione?
Partiamo sempre dal presupposto che la differenza tra status dilettante e status professionista riguarda meramente l’appartenenza alle leghe soprattutto per quello che riguarda staff tecnici e dirigenziali.
Le società professionistiche devono stare vicine al mondo dilettantistico per valorizzarlo e supportarlo attraverso un percorso chiaro, etico e che consenta la valutazione dei giovani giocatori e la crescita dei tecnici.
Il nostro progetto di external network management che facciamo come Modena FC rappresenta un’interazione tra mondo dilettantistico e mondo professionistico con mutui vantaggi.
Quale può essere il ruolo dei Club professionistici rispetto la valorizzazione del sistema calcio dilettante?
Quale può essere il ruolo dei Club professionistici rispetto la valorizzazione del sistema calcio dilettante?
Secondo la sua esperienza, cosa ci vuole per fare il salto dai dilettanti ai professionisti? Quali aspetti vengono valutati e quali variabili possono incidere?
Ribadisco che si tratta di una differenza meramente di status. Se infatti analizziamo il Regolamento Status trasferimento calciatori della FIFA la distinzione tra dilettanti e professionisti è data non tanto dalla categoria di appartenenza ma dal compenso percepito superiore o inferiore a una soglia considerata “rimborso spese”.
Detto ciò, per fare il salto dai dilettanti ai professionisti è necessario che la valutazione sia seria e sistemica.
Per questo la valutazione deve essere condotta secondo la tipologia e il ruolo analizzando le capacità tecniche, le capacità coordinative, le capacità tattiche individuali, oltre che le capacità psicologiche e motivazionali, a cui si aggiunge naturalmente la valutazione morfologica tenendo presente che ogni ruolo ha le proprie caratteristiche e specificità.
Va da sè che il passaggio nella categoria dei professionisti richiede anche un pò di fortuna, ma questo vale anche per il settore tecnico e dirigenziale.
Anzi, in questi ultimi due casi è necessario possedere anche una grande dedizione oltre che competenza assoluta e approccio sistemico alla materia. Arrivare a collaborare con una società professionistica non è affatto facile per chi provenga dal mondo dei dilettanti.
Dopo tanti anni di dilettantismo ho avuto la fortuna di collaborare con una società di Premier League maltese e quella è stata la mia prima esperienza nei professionisti. Non lo nego che senza una grande resilienza e una dedizione assoluta nella materia è arduo.
Quindi per riassumere quello che serve per fare il grande salto è: formazione continua anche per tecnici e dirigenti, competenza, dedizione, resilienza e un pizzico di fortuna che può essere sempre utile per la riuscita di un progetto.
Per concludere. Lei ha un curriculum importante valorizzando da un continuo processo di studio accademico e specialistico. Oggi è necessario studiare e aggiornarsi costantemente. Quanto è importante approfondire le tematiche specifiche del calcio ad un percorso di studio manageriale per ricoprire un ruolo come il Direttore Sportivo?
Sì, oltre ad aver svolto per tanti anni il ruolo di Direttore sportivo e tecnico per il settore dilettantistico, nel settore professionistico è ormai da 11 anni che svolgo il ruolo di Project Manager e consulente di mercato, oltre che docente di management del calcio presso università pubbliche e private.
E’ un percorso come ho detto prima complesso in cui la formazione continua e la voglia di crescere stanno alla base di questo lavoro e insieme all’ambizione permettono di rimanere in questo settore.
Ad oggi le competenze di un Direttore Sportivo non devono essere solo tecniche ma anche manageriali, giuridico-normative, di comunicazione, di marketing, di public relations e di gestione delle risorse umane. Tale integrazione trasversale di competenze è ciò che consente l’upgrade del progetto sportivo che porta quindi a limitare al minimo i rischi e a massimizzare i risultati.
Per questo il Direttore Sportivo deve saper andare oltre l’estro, l’esperienza e la fantasia, concetti senza dubbio importanti ma non sufficienti per raggiungere i risultati.
Bisogna quindi valorizzare dunque le persone che hanno sì l’esperienza ma adottano un approccio sistemico al progetto sportivo.
Dopo tanti anni come Project Manager e dopo aver gestito con successo molti progetti sportivi anche con numeri importanti nel settore di external network management, voglio dimostrare anche come Direttore Sportivo quelle che sono le mie idee e le mie ambizioni.
Dopo 12 anni di grandi risultati nei settori che mi hanno affidato sono sicuro che nel prossimo futuro potrò togliermi delle soddisfazioni in ruoli apicali applicando sempre questa metodologia improntata alla pianificazione e alla ricerca del miglioramento formativo continuo.
Sono un corsista dell’Università del calcio a Roma, e posso dire che, oltre ad acquisire tantissime informazioni a 360, posso consigliare a tutti gli appassionati del calcio, che per poter crescere in modo diretti e indiretti, c’è bisogno di formazione, ci tengo a dire che con il DS Giorgio Abeni, che cono le sue caratteristiche e il suo talento, ci si può crescere nel abito manageriale, o image come da lui citanti anche con un po’ di fortuna.