Dalla Lazio alla Scuola Calcio: INTERVISTA ESCLUSIVA A SIMONE SANNIBALE
Abbiamo deciso di intervistarlo perché ci sembrava uno degli esempi giusti per descrivere il nostro progetto editoriale. Dal professionismo ai dilettanti, dal campo alla panchina, lui oggi si definisce istruttore piuttosto che allenatore. L’esordio con la Lazio in Supercoppa Italiana contro il Milan, l’orgoglio della famiglia, gli anni accanto a campioni come Di Canio e Peruzzi (solo per citarne alcuni), poi la marcatura su Ribery e lo spareggio con la Scafatese in Serie C. Una bellissima chiacchierata con un ragazzo umile, intelligente e mosso da una grande passione, quella per il calcio.
La redazione de il supporter.it ha intervistato Simone Sannibale.
Domanda scontata, te l’avranno chiesto in tanti e ci scusiamo per la banalità, ma siamo curiosi di sapere le tue sensazioni, emozioni e ricordi dell’esordio con la maglia della Lazio. Supercoppa Italiana, 21 Agosto 2004, Stadio Giuseppe Meazza di Milano: minuto 77′ Simone Sannibale subentra a Fernando Couto..A te la parola!
Di quel giorno ricordo tutto,dalla mattina in albergo,al viaggio in pullman fino ad arrivare allo stadio! Premetto che vengo da una famiglia di super tifosi laziali,quindi per me non era soltanto una soddisfazione personale,ma la consapevolezza di aver regalato un sogno ai miei genitori.
Ricordo mister Caso avvicinarsi a me a fine primo tempo,con toni sempre severi ma buoni mi dice: “Ragazzo scaldati che Nando (Couto)non sta bene…”. Descrivere ora a parole l’emozione provata è impossibile,credetemi non è una frase fatta! In un attimo pensi a tutti i sacrifici fatti per stare lì, ai viaggi interminabili con i mezzi da Albano a Formello, all’adolescenza sacrificata (zero sabato sera,zero feste). Pensi che finalmente hai realizzato quel sogno che coltivavi fin da bambino. Entro…mi guardo intorno e corro subito in area a marcare, cerco un avversario libero e mi capita un certo Hernan Crespo, a dir poco un sogno. La partita scorre via tranquilla,ormai il risultato era compromesso.
Ecco chiuso gli occhi e ho di quel momento questo flash…
La trafila nel settore giovanile del club biancoceleste, poi Serie C in piazze importanti come Salernitana, Juve Stabia, Lanciano e Nocerina per citarne alcune. Come valuti la tua carriera nel professionismo? Siamo soliti domandarci in qualsiasi ambito della vita se potevamo fare di più o è andata bene così.
La mia carriera è stata fortemente influenzata da un brutto infortunio, da qualche scelta sbagliata e da un pizzichino di sfortuna.Posso comunque ritenermi soddisfatto, ho fatto della mia passione un lavoro, ho realizzato anche se per poco il sogno di ogni bambino, ho reso orgogliosa la mia famiglia, la cosa più importante. Alla fine bisogna essere obiettivi: ho raccolto quello che in fondo meritavo! Oggi grazie al calcio mi ritrovo un lavoro stabile che mi permette di continuare a coltivare la passione per questo sport sotto la veste di allenatore/responsabile
Ciò che ci ha colpito di te è stato il passaggio “senza problemi” dal professionismo alla Serie D con l’approdo all’Astrea. Ci spieghiamo meglio. Oggi vediamo ragazzi che militano in Promozione o in Eccellenza già con il procuratore, il beauty in mano personalizzato e un atteggiamento come se fossero idoli di migliaia di tifosi. Ti abbiamo visto giocare dal vivo, abbiamo apprezzato la tua serenità, umiltà e concentrazione anche fra i dilettanti. Questo ci ha colpito, perchè crediamo che sia un atteggiamento non scontato. Come si gestisce il passaggio da Professionismo a Dilettanti? In molti in questo “salto” si perdono.
Sono sempre stato un giocatore consapevole delle proprie debolezze, questo mi ha permesso di non essere stato mai presuntuoso. Mi spiego meglio! Ho sempre lavorato duramente, non essendo stato dotato di talento,trovavo nell’ allenamento l’unica arma a mia disposizione.
Questa cultura del lavoro me la sono portata poi anche scendendo nei dilettanti. C’è da dire poi, che in molti mi chiedono quali differenze ci siano tra serie A e D e onestamente rispondo nessuna, forse il ritmo, ma le difficoltà, le dinamiche sono le stesse. Quando l’arbitro fischia l’inizio ti dimentichi di tutto, non pensi alla categoria, ai soldi,ai problemi: vuoi solo giocare e divertirti. Ecco forse la risposta alla domanda è una: la passione e l’amore per quel che si fa!
Siamo tifosi e appassionati di sport e di calcio. Vogliamo sapere da te qual è stato il calciatore più forte con cui hai giocato e quello che hai affrontato. Noi, ci ricordiamo di un certo Frank Ribery..
Me lo ricordo bene anche io! (risata) Quella sera a Marsiglia è stato veramente imprendibile, non era ancora famosissimo ma già si capiva che sarebbe stato un top player. Quindi posso vantarmi di aver affrontato un giocatore del genere.
Leggiamo la rosa della Lazio 2004 -2005. Peruzzi, Couto, Oddo, Dino Baggio, Muzzi, Di Canio, Pandev. La lista di campioni è lunga: cosa significa per un giovane condividere lo spogliatoio con calciatori del genere? Cosa hai imparato da loro? C’era qualcuno che seguivi con particolare attenzione e che ammiravi?
Entrare in uno spogliatoio composto da campioni veri è stato molto facile, più di tanti spogliatoi in serie minori paradossalmente. Chi è campione sul campo lo è anche nella vita. Tutti loro hanno sempre avuto un atteggiamento positivo nei confronti di noi giovani. Alla base pretendevano solo educazione e rispetto, cose che purtroppo vengono a mancare oggi. Io naturalmente seguivo ogni loro comportamento cercando di carpirne ogni segreto. Da loro ho imparato l’umiltà, la voglia di migliorarsi sempre. Poi c’era Paolo Di Canio, per me idolo indiscusso: attaccamento alla maglia,voglia,carisma, era veramente difficile non imparare nulla!
Oggi hai intrapreso una nuova carriera, quella di allenatore. Cosa ti ha spinto a prendere questa strada?
Non mi considero un allenatore, ma una istruttore che ha voglia di insegnare i veri valori di questo sport. Ogni gruppo che ho avuto la fortuna di allenare è stato costruito partendo proprio dal educazione e dal rispetto del gruppo, quello che i campioni con cui ho giocato mi hanno insegnato e trasmesso. Poi viene la parte tecnica ma quella è giudicabile, è opinabile. E poi le emozioni che ti restituiscono i bambini non hanno prezzo, loro non hanno filtri, ogni emozione è pura e genuina. Avevo bisogno di ripartire dalle basi e tutto questo mi entusiasma. Oggi ho creato una mia piccola Scuola Calcio ad Acilia, proprio su questi valori, la JSA Football Friends e spero di poter trasmettere insieme a tutto lo staff educazione, divertimento e momenti di crescita attraverso lo sport.
Sei partito dall’attività di base, dai piccolini. Quanto è complicato allenare questa fascia di età? Qual è secondo te deve essere il profilo ideale dell’istruttore di Scuola Calcio? Caratteristiche, principi e valori.
Premetto che allenare i piccolini è molto difficile, quando si ha a che fare con bambini di 5/6/7 anni l’aspetto fondamentale è la comunicazione e l’educazione. È il loro primo approccio nel mondo del calcio e questa responsabilità ogni allenatore deve sentirsela. Noi istruttori siamo la fiammella che alimenta la loro passione,e dobbiamo stare attenti a non farla mai spengere. Quindi, direi tanta passione,educazione e pazienza. Bisogna ricordarsi sempre che siamo stati bambini anche noi.
Concludiamo l’intervista con un ricordo o un aneddoto speciale della tua carriera. Oltre logicamente l’esordio in Supercoppa, se chiudi gli occhi e ripercorri tutto il tuo percorso, c’è uno o più momenti che porti nel cuore?
Chiudendo gli occhi per un momento mi viene in mente una finale play out vinta in serie C. Quando ormai i riflettori si stavano spegnendo e di Simone forse non si ricordava più nessuno. È stata una vera impresa,una partita emozionante. Mi colpirono tantissimo i pianti di gioia dei tifosi,degli addetti ai lavori e dei compagni. Venendo da serie maggiori non avrei mai pensato a tanto amore nei confronti di squadre più piccole. Quel giorno mi sono sentito veramente orgoglioso,come non mi capitava dall’esordio in Supercoppa.
A cura di Valentino Cristofalo