martedì, 30 aprile 2024
Sport Photography

SPORT PHOTOGRAPHY | Testa e cuore. Intervista ad Alessandro Scarpa.

Tutti vediamo spesso, solo ed esclusivamente, un punto di vista, l’immagine finale che ritrae i nostri idoli sportivi, gli atleti, i protagonisti della squadra del cuore. Scatti, istantanee che ci colpiscono, a volte senza approfondire però ciò che c’è dietro.

La rubrica Sport Photography nasce per questo. Dare voce a chi scatta quelle foto, a chi ritrae momenti ed espressioni, emozioni ed azioni. Molto da raccontare, molto da dire, come nel caso di Alessandro Scarpa, fotografo ufficiale  dell’Umana Reyer Venezia.

I primi passi da fotografo…

“Fin da ragazzo, grazie alla spinta datami dai numerosi anni vissuti nello scoutismo, ho voluto sporcarmi le mani con diverse realtà operanti nel mondo del sociale e del volontariato, come ad esempio all’interno delle mense popolari della mia città, nei laboratori creativi per ragazzi diversamente abili, come educatore all’interno dell’AGESCI, e a contatto con famiglie provenienti da tutto il mondo con lo status di rifugiati politici, fino a giungere all’esperienza che mi cambiò la vita e che mi fece conoscere la fotografia: un viaggio di conoscenza/volontariato presso una missione umanitaria nel cuore del Kenya, OlMoran.

 Era il 2005, anno in cui, appena diplomato come perito in informatica, decisi di voler vivere un’esperienza al di fuori dei miei confini. Nutrivo un forte desiderio di conoscenza, verso una terra e verso una popolazione fino a prima conosciuta solo per sentito dire. 

Nel mese di Settembre dello stesso anno partii assieme ad altri 3 miei coetanei, e portai con me la mia prima “compatta”, la Canon Powershot A70, ma senza chissà che intenzione di voler fotografare. Fino a quel momento la fotografia non mi apparteneva. Solo una volta rientrato dal viaggio, condividendo le fotografie scattate con i miei compagni, mi resi conto che avremmo potuto fare qualcosa di utile con quelle fotografie: sensibilizzare la nostra comunità facendole conoscere ciò che avevamo visto e vissuto, creando momenti di incontro e condivisone attorno ad una mostra fotografica organizzata anche con lo scopo di raccogliere dei fondi per la realizzazione di un pozzo nei pressi della missione.  

Pertanto dal 2005 al 2008 realizzammo una mostra fotografica itinerante che permise di sensibilizzare centinaia e migliaia di persone. 

 Da questa esperienza conobbi un maestro e critico d’arte che mi spronò ad approcciare alla fotografia con metodo e consapevolezza. Così feci! Iniziai a studiare autonomamente, non solo sui libri, ma prevalentemente avvicinandomi ad uno studio di fotografia il quale mi diede la possibilità fin da subito di fargli da assistente ai matrimoni del weekend.  Durante la settimana invece mi mantenevo facendo l’impiegato all’interno di una casa di spedizioni e agenzia marittima.

Nel 2010 ebbi l’opportunità di viaggiare assieme ad un convoglio umanitario con destinazione Gomel, Bielorussia, con l’obiettivo di documentare e raccontare l’attività di volontariato svolta da una associazione umanitaria che tutt’oggi si adopera a sostegno della popolazione duramente colpita dalla catastrofe di Chernoby dell’’86.

 Da questa esperienza scaturirono la pubblicazione di un libro e la realizzazione di una mostra fotografica a sostegno delle attività benefiche dell’associazione.  Fino al 2013 la mia vita si poteva dividere in due: da un lato l’impiegato e dall’altro un giovane apprendista fotografo.

Mi dedicavo alla fotografia nei weekend, durante parecchie sere alla settimana; inoltre mi prendevo permessi dal lavoro per portare avanti i miei progetti di esplorazione urbana, fino a che nel marzo 2013 mi si presentò l’opportunità di compiere un altro passo decisivo nella mia vita: lasciare il posto fisso, con tredicesima e quattordicesima annessa e connessa, aprire la partita iva ed iniziare un percorso come fotoreporter per Il Gazzettino di Venezia e Mestre, dove tuttora collaboro ricoprendo il ruolo di responsabile dei fotografi della Provincia di Venezia.”

Alessandro Scarpa all’opera con Stefano Tonut

L’ingresso nel Palazzetto…

Un’avventura che nasce lontana dallo sport ma che poi giunge finalmente all’interno di un palazzetto:

“La primissima volta che tentai di fotografare una partita di pallacanestro fu nel gennaio 2009, in occasione del match tra le nazionali femminili di Italia e Croazia, giocatasi al Palasport Taliercio di Mestre.

Ricordo che non avevo la più pallida idea di come si fotografasse il basket, così sfruttai quella partita per sperimentare e provare la mia prima fotocamera reflex Nikon D80. Non sto qui a dirvi che schifo di fotografie portai a casa quella volta. Il vero e proprio “debutto” avvenne il 22 ottobre del 2014, in occasione della partita tra l’Umana Reyer Venezia femminile e Orvieto. Da quel momento iniziò la collaborazione con Reyer. A distanza di sei anni da quella prima volta non è cambiata in me la voglia di sperimentare e migliorare di partita in partita, un po’ come l’emozione che ho vissuto allora, la stessa che vivo tutt’oggi quando entro in quel Palazzetto, divenuto ormai la mia seconda casa.”

Carpe Diem: come cogliere lo scatto giusto al momento giusto

La chiacchierata continua, chiedendogli quanto sia complesso scattare al momento giusto:

“In qualsiasi ambito della fotografia, ritengo sia di fondamentale importanza la conoscenza e l’appartenenza a ciò che fotografi. La pallacanestro mi ha sempre coinvolto. Prima giocandola, da ragazzino. Poi tifandola, da ultras del basket femminile. Ed ora fotografandola. 

Conoscere ciò che fotografo, sia dal lato tecnico che da quello legato ai rapporti interpersonali, sicuramente agevola il lavoro. Nonostante ciò, però, ci sono situazioni che non puoi controllare, come ad esempio se un arbitro o un giocatore ti “impalla” l’inquadratura, e non ti permette di fotografare l’azione, il gesto, l’esultanza, che proprio in quel momento si sta compiendo. Quindi come in tutti gli aspetti della vita, anche il fattore “fortuna” è determinante.”

 Aggiungiamo un dettaglio tecnico:

“Attualmente utilizzo due fotocamere Nikon, la D3s e la D4, corredate da due ottiche molto luminose, una grandangolare ed una tele. A parte questi tecnicismi, ai quali non amo dare importanza più di tanto, gli strumenti che cerco di avere sempre con me sono la testa ed il cuore.”

I migliori scatti rimasti nel cuore

 Nelle parole di Alessandro, risulta evidente che questa sia una storia di passione:

“Ci sono due fotografie alle quali sono particolarmente legato: la prima, realizzata il 27 giugno 2017, in occasione della festa scudetto, conquistato la sera prima contro Trento, dopo 74 anni dal precedente titolo italiano. Una immagine dei festeggiamenti del corteo acqueo sul Canal Grande, con in primo piano le bandiere festanti e come sfondo la cupola della Basilica della Salute.

La seconda, realizzata lo scorso 24 novembre 2019 in occasione di Umana Reyer Venezia vs. Trento: il gesto atletico di Ike Udanoh, che è valso la copertina di SuperBasket del mese di Dicembre.”

Uno scatto da Copertina

Fotografo ufficiale e tifoso, cosa si prova?

Per rispondere a questa domanda potrei veramente star qui delle ore. Provo ad essere sintetico, per quel che è possibile. Dall’età di 10 anni mio papà mi portava a vedere la Reyer, quella di Steve Burt e Sergio Mastroianni. Da allora rimasi rapito. Credo che la finale contro Rimini fece scoccare l’innamoramento definitivo per questa squadra.

Come ogni bambino sognavo di poter calcare quel parquet un giorno. Chi l’avrebbe mai detto di poterlo fare oggi come fotografo? Da quando mi è stata data l’opportunità di ricoprire questo ruolo, stagione dopo stagione aumenta in me il senso di appartenenza a qualcosa di più grande ed importante di una “semplice” partita di pallacanestro, credo si possa definire uno “stile di vita”, un atteggiamento.

A questo va di pari passo il crescente senso di responsabilità che sento di avere nei confronti innanzitutto della Proprietà, la quale ha voluto investire su di me, e verso la comunità in cui vivo, alla quale porto il racconto della nostra squadra dentro e fuori al rettangolo di gioco.  È un vero onore poter essere il fotografo della squadra della mia città.  

In questi anni ho avuto il piacere di conoscere grandi persone, oltre a grandi giocatori e professionisti, e con ciascuno di loro è nato un bel rapporto, frutto della grande umanità che contraddistingue questa squadra e della continuità dei rapporti lavorativi e quindi personali.  Poi ovviamente con i giocatori e componenti dello staff più “storici” c’è un rapporto di amicizia che va oltre al parquet. E questo non può che farmi davvero molto piacere.

 Vorrei cogliere questa occasione per ringraziare le persone che in questi anni hanno creduto in me come persona ed investito su di me anche come professionista, e che grazie alla loro esperienza e visione mi hanno permesso di crescere in questo bellissimo ambiente. Dal Presidente Federico Casarin, che dietro alla sua compostezza cela il vero spirito guida di questa squadra, al responsabile marketing Paolo Bettio, che con la sua creatività ed esperienza continua a spronarmi a fare sempre del mio meglio. Un altro doveroso ringraziamento voglio rivolgerlo all’instancabile Francesco Rigo, responsabile ufficio stampa Reyer, che stagione dopo stagione alza sempre più quell’asticella che mi ha permesso fino ad oggi di crescere come persona e come professionista.

La scelta degli scatti migliori per Il Supporter

Alessandro ci ha inviato 20 scatti sul quale vogliamo sapere di più:

Non è stato per niente facile selezionare solo 20 fotografie. Ho voluto attingere dall’archivio degli ultimi 3-4 anni per cercare di racchiudere il rapporto che c’è tra me ed il mondo Reyer. Un mix tra immagini realizzate nel rettangolo di gioco ed altre realizzate in contesti più intimi e privati, come all’interno dello spogliatoio, oppure durante la sessione di preparazione atletica estiva, o durante gli shooting di inizio stagione e quelli dedicati alle vittorie dei trofei.  

Tra queste fotografie, oltre ai due scatti di cui ho parlato in precedenza ai quali sono molto legato (schiacciata di Ike Udanoh e corteo acqueo dopo la vittoria del campionato 2016/2017), c’è sicuramente il ritratto realizzato ad Andrew Goudelock.

Era il 28 gennaio di quest’anno (2020), da meno di due giorni era venuto a mancare Kobe Bryant, ed il destino ha voluto che il “mini Mamba” fosse da poco entrato a far parte del roster dell’Umana Reyer, ed io avrei dovuto realizzare le fotografie ufficiali. Ricordo ancora l’atmosfera che si respirava mentre stavo allestendo il set. Un silenzio surreale. Tra gli addetti ai lavori c’erano sguardi persi nel vuoto, increduli per quello che era da poco accaduto. Io concentrato e tesissimo in attesa dell’arrivo di Goudelock.

Eccolo, entrò in capo, serissimo, triste, con gli occhi ancora lucidi. Abbiamo scambiato due parole, ho avuto il coraggio di chiedergli come fosse stato conoscere Kobe. Rispose semplicemente: “Amazing”. Il servizio fotografico durò poco più di 5 minuti, ed al termine delle foto di rito gli chiesi l’ultimo scatto. Uno dei più belli e intensi set che abbia mai vissuto. Per il futuro, non ti nascondo che non vedo l’ora di fotografare la Reyer nel suo nuovo palazzetto che spero si possa realizzare presto e perché no, magari giocando in EuroLega!”

 Come ci si prepara al Match Day?

Chiudiamo con il Match – Day:

Nel giorno della partita cerco di fare qualcosa di rilassante, come lo stare in famiglia, pranzare in compagnia, fare qualche passeggiata o fare un pisolino pre-game. Poi quando mancano 2 ore e un quarto all’inizio della partita mi avvio verso il Palazzetto. Voglio essere lì 2 ore prima dell’inizio del match, così da poter preparare serenamente la mia attrezzatura e postazione di lavoro, e potermi dedicare a produrre tutte quelle immagini pre partita, come l’arrivo degli atleti e dello staff, l’ingresso dei primi tifosi, ciò che accade all’interno dello spogliatoio o nella sala pesi, fino alla prima sessione di riscaldamento in campo.

L’adrenalina sale sempre di più; ad ogni partita sono sotto il tunnel assieme ai giocatori; ognuno di loro batte il cinque o il pungo ai propri compagni, capita ogni tanto di fotografare con una mano e di battere il cinque con l’altra.  

Lo speaker annuncia l’ingresso in campo della nostra squadra… parte la colonna sonora, e che lo spettacolo abbia inizio! Inno della Città di Venezia, Inno di Mameli, palla a due ed io prontamente sotto canestro nel lato dell’attacco Reyer. I primi 5-6 minuti di gioco li dedico alla produzione di tutte quelle immagini utili alla realizzazione delle grafiche dei tabellini di ogni quarto.  

Ad ogni quarto cerco di diversificare il punto di ripresa così da poter produrre immagini da angolazioni differenti in ottica di una gallery fotografica finale il più variegata possibile. Al termine della partita torno alla mia postazione, dove seleziono e post produco le migliori immagini della battaglia sportiva per poi consegnarle immediatamente all’ufficio stampa per la successiva pubblicazione nei canali social della squadra.

 

LA GALLERY COMPLETA DI ALESSANDRO SCARPA

 

ALESSANDRO SCARPA

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