sabato, 18 maggio 2024
INTERVIEW

BASKET | INTERVISTA A VALERIO BALESTRINO: UNA QUESTIONE DI AMORE PER QUESTO SPORT.

La tratta con un rispetto particolare, si sente e si legge, l’amore che prova per questa disciplina. Probabilmente è più una questione di amore che di passione. È un qualcosa di unico, un rapporto indissolubile, nell’intervista ci dice: “E’ stata una costante nella mia vita, probabilmente la mia unica certezza. Me ne sono innamorato alle elementari, e da li non l’ho più mollata”. Correggendo la bozza  ci rendiamo conto che il suo amore lo scrive con la lettera maiuscola, quasi in segno di rispetto e devozione. Di cosa e chi stiamo parlando? Semplicemente del rapporto tra Valerio Balestrino e la Pallacanestro, appunto con la lettera iniziale maiuscola.  Un colpo di fulmine nato in una scuola di Roma, per poi esprimersi nelle giovanili sino alla Serie D a Castelnuovo di Porto, Riano in Serie C2 (attuale C-Silver) e poi Basket Cures.

Dal campo si sposta in panchina, impossibile rinunciare alla chiamata di Umberto Fanciullo per unirsi allo staff tecnico della Stella Azzurra Viterbo in serie B Nazionale. Un altro ruolo, un’altra avventura iniziata sempre a Castelnuovo di Porto, quando ancora indossava i panni del giocatore. Oggi allena a Fiano, giovanili e Promozione,  dove ormai allena da più o meno una decina d’anni, una seconda casa.

 

Ricordi e momenti, via alle emozioni.

Sicuramente l’anno in cui a Castelnuovo, con una squadra pressoché di amici, riuscimmo a vincere la “maratona” del campionato di Promozione. Ricordo semifinali e finali al campo delle Tre Fontane all’Eur e l’emozione dopo aver vinto. Il primo canestro in C2 a 30 anni anche ricopre un ricordo speciale, era la mia serie A. Questi due momenti probabilmente si trovano una spanna sopra a tutti gli altri.

Il gusto della vittoria

Come allenatore partirei dall’ultima stagione, secondo anno di Promozione a Fiano e semifinali raggiunte, se un anno vale come un singolo ricordo indelebile, questo è senz’altro tra i primi posti: dalla soddisfazione di staccare il pass per i play-off e successivamente quello per le semifinali, allo scoramento per aver perso gara 1 a Casilino dopo aver dominato la partita per tre quarti. La salvezza agguantata alla penultima giornata a Viterbo (vs Palermo) al primo anno di panchina in serie B e al termine di una stagione lunghissima e dopo migliaia di km di trasferte è stata un’altra un’emozione fortissima. Ma più di tutti probabilmente ogni momento in cui vedi la soddisfazione dei ragazzi che alleno, grandi o piccoli, senior o under, nel riuscire a raggiungere un obiettivo per cui hanno lavorato e speso energie: dal primo canestro per un esordiente, ad un’azione importante di un giocatore più esperto: la faccia è sempre la stessa, sono tutti figli di quella palla li.

 

Sembra un innamorato, allora lo riportiamo sulla terra. Come ti descriveresti come coach? Quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti?

Oddio per fortuna non mi vedo! La mia fidanzata (che si vede praticamente tutte le gare della Promozione: un eroe) quando mi racconta di come e quanto mi agito, quasi non mi riconosco. Sicuramente col tempo ho imparato a gestire le partite in base alle diverse categorie e al ruolo avuto in panchina: da assistente l’impatto emotivo che hai è una “tortura”, devi tenerti tutto dentro, fare da filtro tra giocatori ed allenatore, e fungere da spugna per il coach e da consigliere per i giocatori. Da capo allenatore l’approccio è completamente diverso. Con le giovanili, per esempio, cerco di essere più calmo: specifichiamo, ho detto cerco poi magari uno non ci riesce. Onestamente, con le squadre senior invece l’impatto con la gara è differente: cerco di trasmettere più grinta possibile, la “garra” come la chiamano in Argentina e voglio che i miei ragazzi sappiano che per tutta la partita io sono con loro nel raggiungere l’obiettivo.  Ci sono giorni in cui per l’ansia smetto di parlare ore prima della partita, poi quando finalmente si “alza” la palla svanisce tutto. Questo è come mi sento come mi vedo, poi per i pregi e difetti chiedere ai miei ragazzi!

Già solo nel vivere la partita hai un approccio differente nelle partite come Coach. Allenare una prima squadra è completamente diverso da allenare un squadra di settore giovanile. Quali le principali differenze?

L’allenatore è comunque un punto di riferimento, a prescindere dalla categoria che si allena. Più i ragazzi sono giovani e più il tempo che passano con noi in palestra diventa per loro formativo, non solo in chiave Pallacanestro: mi rendo conto di quanto il nostro ruolo sia importante nella loro crescita, nella trasmissione di valori fondamentali. Allenare una prima squadra ti mette di fronte a giocatori con un loro background tecnico e comportamentale già consolidato negli anni, questo non vuol dire che un allenatore non influisce anche nell’evoluzione di atleti senior pur essendo più complicato.

Andando avanti con l’intervista ci coinvolge tantissimo il tuo lato emotivo, di come vivi la pallacanestro ma siamo altrettanto consapevoli della tua competenza, del tuo approccio razionale e professionale. Vogliamo fare una riflessione con te, che da qualche anno facciamo in quanto anche la nostra redazione è composta da persone di sport, di campo. Oggi vediamo un approccio diverso dei ragazzi, degli atleti più giovani e facendo una critica generale, osserviamo uno scarso spirito di sacrificio, una non capacità di rispettare l’impegno sportivo in maniera seria e costante. Lo vediamo in diverse discipline, probabilmente è una questione sociale più che sportiva.  Il movimento del basket italiano, dilettantistico e professionistico è un patrimonio importante, ma che va probabilmente stimolato e valorizzato. Parlando di campo: come si valorizza un giovane? Quali valori innanzitutto si devono trasmettere?

Come ti accennavo prima la formazione di un giocatore non può prescindere dalla “costruzione” della sua persona. Condivido in pieno il tuo pensiero, e ti ripeto, a Fiano cerchiamo di essere molto attenti nel passare i valori che crediamo giusti: spirito di sacrificio, lavoro, rispetto per se e per gli altri in qualsiasi situazione. Non è affatto banale trasmettere questi valori ai ragazzi in qualsiasi sport, non solo nella pallacanestro. E non è neanche banale dire che per valorizzare un giocatore, alla fine del suo percorso giovanile, e quindi di formazione, bisogna avere il coraggio di farli giocare anche in contesti di prima squadra.

Filosofia e stile di gioco: qual è il tuo?

La prima cosa che chiedo a tutte le categorie che alleno è quello che facevo meno da giocatore: difendere! I ragazzi devono sapere che in attacco possono sbagliare, anzi devono sbagliare e che l’errore fa parte del nostro gioco, ma in difesa devono essere sempre concentrati al massimo: sono le fondamenta su cui poi si costruisce tutto il resto. Cerco di convincerli sin da piccoli della bontà di un lavoro collaborativo, senza andare però a frustrare il talento dei singoli: la vittoria è mettere quel talento in un contesto di squadra, in modo che tutti possano beneficiarne.

Facciamo spesso un gioco per coinvolgere altre persone nell’intervista, con te il gioco può essere doppio. Il giocatore più forte con cui hai giocato e quello che hai affrontato. La seconda è il giocatore più forte che hai allenato sin qui e quello più forte incontrato da coach.

Risponderò senza parlare dei ragazzi che alleno attualmente a Fiano per non scatenare gelosie tra “figli e figliastri” (ride!). Parlando solo di un giocatore farò certamente un torto a qualcuno, ma da allenatore il giocatore che mi ha di più impressionato è sicuramente Fabio Marcante, con cui ho avuto la possibilità di lavorare a Viterbo, un giocatore pazzesco su tutti e due i lati del campo e la prova vivente che il lavoro e la fatica ripagano sempre. Il giocatore più ostico da marcare probabilmente Carrizo: una enciclopedia. Mentre da giocatore non posso non citare Matteo Tavelli, con cui ho condiviso tanti anni di gioie e dolori nel Castelnuovo Basket Club: un 4-5 mancino con una tecnica sopraffina. Per quanto riguarda gli avversari sinceramente faccio un po’ fatica: odiavo tutti!

Tutti hanno fonti di ispirazione e idoli che seguono: qual è oggi il tuo coach di riferimento?

Non ho un modello unico, cerco di aggiornarmi sempre il più possibile: guardo partite, partecipo ai corsi di aggiornamento, cerco, nei limiti del possibile di vedere allenamenti di altri allenatori. Provo a  portare con me tutte le esperienze che ho fatto, negative e positive per tradurle ai ragazzi che alleno. Senza dubbio la persona con la quale più condivido e parlo di pallacanestro è Umberto Fanciullo (attuale coach di Viterbo e di Guidonia), ed è sicuramente stato fondamentale nella mia formazione. Non posso non parlare di Vittorio Leonardi, il nostro Direttore Tecnico a Fiano, che mi ha dato la possibilità, ormai da circa dieci anni di lavorare sul campo. Poi se vogliamo parlare di massimi sistemi…sono un “Popovicciano” convinto!

Obiettivi per il futuro, qual è il tuo sogno nel cassetto?

Non voglio fare voli pindarici, non ti dirò che vorrei allenare una squadra piuttosto che un’altra, o in una determinata categoria, sono soddisfattissimo del lavoro che stiamo provando a fare sul nostro territorio, sono molto orgoglioso di contribuire ad un movimento come quello che abbiamo noi a Fiano Romano. Probabilmente l’augurio è avere una palestra nostra (del Fiano Romano Basket) completa disposizione per provare a fare quel salto di qualità secondo me possibile. Quest’anno poi ci siamo fermati ad un passo e mezzo dal vincere il campionato di Promozione (alla nostra seconda partecipazione), riuscirci sarebbe una soddisfazione enorme, sopratutto con questi ragazzi, che ormai conosco da anni e con i quali ho giocato per diverso tempo, siamo un gruppo di amici, e riuscire a vincere allenando un gruppo formato da amici e ragazzi provenienti dalle nostre giovanili, sarebbe meraviglioso.

Concludiamo chiedendoti ruolo per ruolo quale sia il giocatore più forte al mondo e perché, ovviamente parliamo di professionismo.

Ci provo, però buttando dentro anche giocatori che hanno smesso!

PG: Steve Nash – “Pund for pound” uno dei giocatori con più talento mai visto, un Curry 1.0 con meno tiro ma più assist, per lo più folli e senza senso!

SG: Michael Jordan – Bisogna scomodarlo per forza, è il motivo per cui quelli della mia generazione hanno cominciato a giocare, rivoluzionario in tutto e per tutto, un gradino sotto Kobe Bryant, la copia moderna dell'”alieno”.

SF: Lebron James – Lo metto tra i grandissimi, un mix di tecnica, sapienza cestistica e strapotere fisico che non si è mai visto sul parquet.

PF: Tim Duncan – “The Big Foundamental” basta come spiegazione? Sui due lati del campo probabilmente il migliore di sempre. Segue a ruota Dirk Nowitzky col suo tiro su una gamba sola che lo rende tuttora immarcabile.

C: Shaquille O’Neall – Fisicamente, e non solo, il centro più dominante della storia, superpersonaggio fuori dal campo. Probabilmente al suo stesso livello metto Hakeem Olajwuon, tecnica sopraffina abbinata ad un gioco di piedi disarmante.

Ma il giocatore che mi strappato  più applausi di tutti è Manu Ginobili, appena ritiratosi, un giocatore che sicuramente ha aveva qualcosa in più degli altri: idolo!

 

A cura di Valentino Cristofalo

 

 

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