sabato, 14 settembre 2024
INTERVIEW

#CALCIOPOPOLARE: ALLA SCOPERTA DEL BRERA CALCIO, LA TERZA SQUADRA DI MILANO.

Pop, sinonimo di popolare. Ed è proprio questo il calcio che ci piace, quello che ci appassiona e ci fa scoprire realtà calcistiche e sportive che sono delle mosche bianche nel panorama calcistico nazionale legato troppo alle logiche di business e profitti. Il calcio è di tutti, è un fenomeno popolare.

Ecco perché abbiamo deciso di inaugurare una serie di interviste che vogliono portare alla luce società, protagonisti e progetti popolari. Il nostro viaggio inizia da Milano. Esattamente dal BRERA CALCIO. Dalle parole del Presidente Alessandro Aleotti percepiamo la grande passione e l’amore per la sua creatura. Oltre la grande ambizione di diventare un club di standing internazionale in Europa. Conosciamo insieme la “terza squadra di Milano”.

Il Presidente del Brera Calcio, Alessandro Aleotti
La terza squadra di Milano. Come è nata l’idea di questo importante progetto sportivo?
Il club è nato nel 2000 per cercare di portare qualcosa di nuovo, più su un piano culturale/sociale che agonistico, alla narrazione calcistica di Milano fondata su Milan e Inter. Questa volontà di innovazione credo si sia ben rispecchiata nella nostra storia fin qui e penso possiamo ampiamente meritarci, oltre alla qualifica di “terza squadra di Milano”, anche quella di “prima squadra del Terzo Millennio”.
 
Qual è la mission che spinge questa realtà a migliorarsi anno dopo anno?

Sicuramente la continua innovazione. Finora il Brera è stato un continuo laboratorio di invenzioni calcistiche. Molte cose hanno avuto un esito importante, soprattutto sul piano sociale, mentre altre, anche fallendo, hanno dimostrato la loro utilità. Ad esempio, quando abbiamo fatto gestire integralmente per un anno la squadra dai tifosi e siamo retrocessi, abbiamo capito che la gestione calcistica riesce a sposarsi difficilmente, in termini di governance, con la volontà espressa dai tifosi.

Siamo affascinati dal calcio pop. Un’idea emozionale, antica e popolare dello sport più bello del mondo. Qual è la vostra idea di calcio polare e come viene perseguita nella società?

Noi riteniamo che il calcio sia e debba sempre essere pop. Talvolta, con la dizione di “calcio popolare”, si è voluta creare una sottolineatura di tipo politico antagonista che, seppur legittima, non appartiene al nostro modo di vedere il calcio. Il calcio, se fatto con intelligenza e sapienza, è sempre un fenomeno popolare.

Brera e United of Manchester posano insieme per la foto di gruppo nel post partita.

Passione, costanza e territorialità. Quanto è importante il rapporto con la comunità locale e quale l’impatto sul territorio?

In linea generale, questi sono aspetti importantissimi di un club. Una squadra di calcio, infatti, è una delle migliori rappresentazioni dello spirito di un territorio. Il caso del Brera è da questo punto di vista un po’ particolare perché noi esprimiamo una dimensione, come quella milanese, che si è ormai molto disancorata dal territorio. In questo senso siamo una squadra che ha come mission il collegamento tra il locale e il globale (oggi si dice glocal) e questo spiega la nostra grande attenzione – e le nostre strategie future – rivolta a una presenza della nostra identità in tanti altri paesi, europei e non.

 

 
From local to global? Non solo locale ma molti progetti sportivi e sociali in tutto il Mondo. Quali sono i più importanti e strategici per la società?

Come detto sopra, la nostra attuale prospettiva strategica è molto proiettata su una dimensione globale. Grazie anche agli investitori statunitensi che credono nelle nostre idee potremo finanziare un ingresso nel professionismo che non avverrà in Italia, ma portando il nostro brand in altri campionati, in Europa e nel mondo. L’idea è quella di diventare un club di standing internazionale in Europa, giungendo, grazie alla partecipazione in campionati in Paesi minori ma di massima serie, alle tre grandi competizioni internazionali.

 


Progetti sportivi e sociali del passato e del futuro. A quale siete maggiormente legati e quale il progetto di cui siete più orgogliosi.

Nel passato abbiamo veramente esplorato moltissime dimensioni, ma probabilmente il progetto sociale che più ci è rimasto nel cuore e che maggiormente ha determinato un impatto è stato FreeOpera Brera, la squadra di detenuti fatta nascere nel 2003 nel Carcere di Opera e la prima squadra in Italia composta da detenuti a partecipare a un campionato ufficiale FIGC di Terza Categoria. Attualmente, l’iniziativa di cui siamo più orgogliosi in questo nostro profilo di progetti che danno senso a una squadra dilettante è l’aver organizzato il FENIX Trophy, il primo torneo europeo per squadre dilettanti “cult” riconosciuto dalla UEFA e giunto alla seconda edizione.

 

FreeOpera Brera 2003

Nel 2000, con l’affidamento della squadra a Walter Zenga, il Brera è subito diventato un “caso” mediatico e sportivo. Cosa vi rende unici ancora oggi nel panorama sportivo attuale?

La straordinarietà del Brera è che, nonostante sia praticamente scomparso dai ranking calcistici tradizionali (ai tempi di Zenga eravamo in Serie D e ora siamo in Seconda Categoria), continuiamo a essere di gran lunga percepiti come la “terza squadra di Milano”. Questa apparente contraddizione è in realtà spiegata dal fatto che la nostra capacità di inventare progetti calcistici è sempre andata avanti in una dimensione crescente, quindi siamo riusciti a superare anche la logica tradizionale delle categorie calcistiche.

Sport, calcio e giovani. Quali sono i valori che cercate di trasmettere ai giovani calciatori e quale è la vostra filosofia calcistica.
Sul piano dei valori, una delle nostre iniziative che maggiormente corrisponde a questa funzione è la scuola calcio non competitiva che da 16 anni si svolge all’Arena per bambini e bambine dai 4 ai 12 anni. Una scuola non finalizzata alla partecipazione a campionati e unicamente dedicata al divertimento dei bambini e a una visione libertaria della passione per il gioco del pallone.
Pensiamo che questa sia la maniera migliore per avviare i bambini al piacere del calcio e non solo alla illusoria professione del calciatore. Sul piano della filosofia strettamente calcistica, i nostri esperimenti dipendono anche dalla categoria in cui giochiamo. Ad esempio, attualmente abbiamo deciso di giocare la Seconda Categoria (che gli avversari prendono tutti molto seriamente) come se fossimo una squadra amatoriale, cioè vedendoci solo la domenica sul campo.
Questo esperimento, francamente impensabile sul piano tecnico, ci ha portato anche a risultati imprevedibili e straordinari (oggi siamo a metà classifica) se parametrati al comportamento tradizionale delle squadre contro cui giochiamo.

In questo, c’è qualche indizio di “saper fare calcio”. Naturalmente, dovendo affrontare il calcio professionistico non possiamo certo pensare di farlo in una logica amatoriale, ma crediamo che la nostra filosofia calcistica sia soprattutto fondata sulla responsabilità individuale e la capacità di innovare.


Brera Football Village, la “casa dei neroverdi”, quanto è importante per una società sportiva puntare su stadi e strutture di proprietà o di diretta gestione?
Avere una casa è fondamentale per chiunque, quindi poter gestire un centro sportivo o uno stadio è un elemento normale e fisiologico di un club calcistico. Probabilmente, una situazione in Italia non troppo sviluppata nella proprietà degli stadi, ha generato anche aspettative eccessive sui benefici di una tale novità.
Personalmente, ritengo che non ci sia questo divario così ampio tra la proprietà e l’utilizzo, quindi, affrontando questo dibattito sul tema collegato al grande calcio (ad esempio San Siro), si rischia di scambiare per discorsi calcistici anche interessi che invece sono solo immobiliari e/o finanziari.
 
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Attualmente siamo focalizzati sulla realizzazione di questi progetti internazionali e i nostri obiettivi sono entrare nel calcio professionistico da una strada diversa, come quella che apriremo in tanti piccoli paesi europei.
Potremmo dire di aver completamente raggiunto questo obiettivo quando il Brera di un altro paese europeo arriverà a giocare a Milano una partita di Champions League a San Siro contro il Milan o contro l’Inter.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *