sabato, 14 settembre 2024
CULTURE

“Ma restiamo con i piedi per terra”. Il libro per chi ama il calcio. Quello vero di periferia.

Dall´autore di “Ci alleniamo anche se piove?” una storia eroica di calcio di provincia. La storia di campi di periferia, di sacrifici, allenamenti e passioni. Di magazzinieri, allenatori, calciatori. Di linee dl campo tracciate la domenica, bandierine da sistemare, palloni da gonfiare e maglie da lavare. La storia di chi ama veramente il calcio.

Innanzitutto raccontaci chi sei e cosa fai nella vita.

Bè, innanzitutto grazie dell’opportunità, è sempre bello fare una chiacchierata, anche se solo virtuale purtroppo.

Ho 25 anni, sono laureato in Lettere e laureando in Scienze Storiche. Al termine del mio percorso di studi mi piacerebbe insegnare.

Le mie passioni più grandi sono il calcio e la scrittura, ed ho la fortuna di praticarle entrambe.

 

Sei già al secondo libro, come nasce questa voglia di scrivere e perché? 

La voglia di scrivere, se voglia possiamo chiamarla, è qualcosa che mi porto dentro fin dalle elementari. Non sono mai stato amante della scuola, non prima della terza superiore, eppure la scrittura mi ha sempre rapito, probabilmente perché è in grado di farti vivere altre vite, altri mondi.

 

Ma restiamo con i piedi per terra. Il titolo è abbastanza eloquente, quale il messaggio che vuoi inviare?

Il titolo è il principio fondante del libro, nonché una frase che ripeteva spesso il mio mister nella stagione calcistica di due anni fa. Restare con i piedi per terra è fondamentale, nella vita come nel calcio.

L’umiltà dovrebbe essere il principio guida in tutti i campi, specie di questi tempi, dove chi ha o fa qualcosa non è in grado di porsi alla propria platea con umiltà, pare proprio che piaccia a tutti stare sul piedistallo.

Quindi sì, “Ma restiamo con i piedi per terra”, oltre ad essere una storia eroica di calcio, è anche una storia d’umiltà.

 

Un momento decisamente duro per tutto il movimento del calcio di base, giovanile e dilettante dopo questi anni di pandemia e lo stop forzato ai campionati, ora sembra sia tornato tutto alla normalità. Con “Non è più Domenica” riesci sempre a cogliere il momento, creare una certa empatia con i tuoi utenti. Oggi qual è secondo te l’umore di tutti gli appassionati ed i “calciatori” dilettanti?

È stato un momento nero, anzi, nerissimo. Te lo dico perché, effettivamente, ci sono stato dentro anche io. Ha fatto molto male stare lontani dal campo, anche se c’è stata comunque la consapevolezza che la situazione sia stata grave.

L’unica cosa che mi sento di dire ora che sembra tutto terminato, qualora ce ne fosse bisogno, è che si poteva direttamente evitare una ripartenza. Perché purtroppo, l’esser ripartiti è costato, oltre che in termini di tempo, anche in termini di denaro. E quando parlo di denaro non parlo di cose stratosferiche, ma anche e soprattutto delle piccole società che hanno pagato l’iscrizione praticamente per niente. Mi auguro che vengano presi dei provvedimenti per aiutare chi porta avanti il pallone con tanto amore e passione dopo questa ripartenza.

I campi di provincia, le persone che seguono la squadra del proprio paese, il senso di appartenenza ed l’identità marcata. Esiste ancora un lato romantico nel mondo del calcio?

Qui sfondi una porta aperta. Ho scritto più volte, rivolgendomi alle persone che mi seguono, di venire nei campi di periferia a guardare una partita. I costi dei biglietti sono bassi se non nulli, mentre lo spettacolo è altissimo. Insomma c’è tutto. Diciamo che trasuda ancora, in ogni singolo gesto, la passione.

Come hai detto tu, oltre ai giocatori, ci sono anche le persone che permettono ad altre persone di sentirsi appunto giocatori. Non dimentichiamoci che senza le figure che lavano le maglie per volontariato, o a quelle che tracciano le righe la domenica mattina, o ai presidenti che tirano fuori qualche centesimo, questo movimento sarebbe morto da un pezzo.

Insomma, per me il calcio è qui. Forse sono di parte, forse sono stupido, non lo so. Ma io ogni volta che faccio il borsone e vado al campo, mi sento bene da far schifo, se non è romantico questo.

 

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