ESCLUSIVA DIECI.10: INTERVISTA A STEFANO BETTARINI

L’intervista realizzata da Dieci.10 a STEFANO BETTARINI, La sua lunga carriera in Serie A tra Cagliari, Fiorentina, Bologna, Venezia, Sampdoria, Parma e la Nazionale.
Il botta e risposta. Buona lettura!
I PRIMI PASSI DA…PORTIERE!
In casa mia ho sempre mangiato pane e calcio, mio padre giocava nelle giovanili della Roma. Io ho praticato altri sport fino a quando in terza media accadde una cosa.
Un mio compagno di classe aveva il papà che faceva l’allenatore e per iscrivere la squadra ad un torneo a sette aveva bisogno di un ultimo componente. Alla fine mi convinsero anche se non avevo mai giocato. Mi misero in porta ma ero così bravo con i piedi che mi facevano battere anche i calci di punizione.
IL RICORDO INDIMENTICABILE
La gioia più grande da calciatore è stata quella dell’esordio in Serie A (Cagliari Atalanta 2-0). Il coronamento della mia carriera però è stato rappresentato dall’esordio con la nazionale di Trapattoni. In settimana ero incredulo del fatto che sarei stato convocato per l’amichevole tra Italia e Repubblica Ceca. Mi ritrovai a giocare contro uno come Pavel Nedved.
IL MOMENTO PIÙ DIFFICILE
La delusione più grande è stata la sconfitta nello spareggio per non retrocedere in Serie B tra Cagliari e Piacenza. Nella prima parte del campionato il tecnico era Gregorio Pérez, con il quale le cose non andarono bene.
Arrivò forse troppo tardi Carletto Mazzone con il quale ci riprendemmo alla grande. Rimane il grande dispiacere per non aver dato alla piazza di Cagliari la gioia della salvezza. I tifosi vennero comunque all’aeroporto a ringraziarci nonostante la sconfitta.
LA PERSONA A CUI DIRE GRAZIE
Ringrazio tutti gli allenatori che ho avuto, ognuno di loro mi ha fatto crescere come uomo e come calciatore. Uno su tutti a credere in me è stato il dirigente sportivo Claudio Nassi.
Ringrazio anche il mio procuratore Sergio Berti, mi ha preso da ragazzino a soli 17 anni all’Inter. Walter Novellino migliorò molto la mia fase difensiva. Mazzone, Malesani, Prandelli e Spalletti alimentarono la mia fase offensiva.
L’IDOLO DI SEMPRE
Il mio punto di riferimento è sempre stato Paolo Maldini, non solo come giocatore ma come persona, icona di lealtà e serietà. Ho comunque cercato sempre di crearmi una mia identità.
I COMPAGNI PIÙ FORTI
Io ho giocato in una Seria A stellare, affrontando giocatori come Ronaldo, Zidane, Totti, Del Piero. Francesco Totti in particolare giocava con una naturalezza e una sfrontatezza disarmanti.
I COMPAGNI DI SQUADRA PIÙ “FOLLI”
Il compagno di squadra più pazzo che ho avuto è Edmundo, arrivò a Firenze convinto che fosse una città di mare. Gli dissero che avrebbe vissuto a Bagno a Ripoli, che è una frazione di Firenze e poi scoprì che il mare non c’era!
Ricordo di una partita a Empoli in cui non scese alla riunione tecnica con Trapattoni e tirò anche le ciabatte al collaboratore che lo andò a chiamare in stanza perché stava ancora dormendo. Il mister lo schierò ugualmente e con una sua doppietta vinse la partita praticamente da solo.
LA PARTITA DA GIOCARE NUOVAMENTE
Mi piacerebbe rigiocare la mia unica partita con la nazionale italiana in condizionali ottimali. La giocai infatti con il metacarpo rotto, con la mano semi ingessata. Inoltre mi ero procurato quattro punti di sutura alla caviglia perché durante la rifinitura mi era caduta una bottiglietta di vetro. Non certo l’esordio che sognavo.
LE EMOZIONI DEL DERBY
I derby sono tutti affascinanti ma giocare per tre anni quello della lanterna è stato incredibile. Ho avuto anche la fortuna di vincerne quattro consecutivi.
GLI STADI PIÙ CALDI
Per me San Siro rimane lo stadio più suggestivo, quello che toglie il fiato.
Intervista a cura di Michele De Angelis