venerdì, 19 aprile 2024
INTERVIEW

ALESSANDRO ORICCHIO. INTERVISTA ALL’AUTORE DEL LIBRO “DANIELE DE ROSSI. UNO DI NOI.”

“L’idea di scrivere un libro su Daniele De Rossi è nata la mattina del 14 maggio 2019: erano le 7:33 quando sull’account Twitter ufficiale della Roma la società giallorossa dava l’annuncio che Roma Parma sarebbe stata l’ultima partita romanista di Daniele De Rossi. In quel momento, tra l’incredulo, il sorpreso e il depresso, mi sono passati davanti gli ultimi 18 anni della Roma, 18 anni in cui Daniele De Rossi è sempre stato presente, in cui mi, e credo di poter dire ci, ha rappresentato non solo in campo, ma anche fuori. Come successo anche in occasione del libro su Francesco Totti, anch’esso nato in un momento di profondo sgomento, ho deciso di scrivere e ripercorrere l’intera carriera romanista di Daniele De Rossi. Credo che questa sia un’epoca in cui si vive tutto in maniera molto rapida, tutto va troppo veloce, e si tende molto presto a dimenticare. Ecco, per me Daniele De Rossi, come Francesco Totti, sono due giocatori che non possono e non devono essere dimenticati. Perché è vero, la Roma continua ad esistere anche senza di loro. Ma loro, per 18 e 25 anni, sono stati quelli che hanno dato corpo a quell’entità suprema, la Roma, che per noi ha un valore inestimabile.”

Inizia così la nostra intervista ad Alessandro Oricchio: autore del libro “Daniele De Rossi. Uno di noi”, giornalista, traduttore, interprete, tifoso e calciatore dilettante. Lo abbiamo ascoltato con piacere perché il suo profilo rispecchia alla perfezione la filosofia de IlSupporter. Lo sport, il calcio, vissuto a 360°: dalle tribuna con la sciarpa al collo, passando attraverso la penna come scrittore e la terra dei tanti campi di Provincia calcati in questi anni inseguendo un pallone.

Ecco, gli chiediamo proprio questo, uno degli aspetti che più ci ha colpito.

Cosa ti spinge ancora oggi ad inseguire quel pallone che tanto amiamo sui campi di provincia? Alessandro, attualmente gioca in Terza Categoria con il Cinque Stelle Sport (ROMA):

“Ho compiuto da poco 39 anni e sono circa 18 anni che calco i campi di calcio di terza categoria. Per me il calcio di categoria è un calcio che ha un fascino particolare. A partire dagli allenamenti, che diventano un appuntamento fisso dove puoi riunirti con i tuoi compagni. Il campo di calcio, in quelle due ore, si trasforma in un luogo dove tutto si annulla: età, professione, provenienza, credo politico o religioso, tutto si dimentica perché ci si dedica all’allenamento di gruppo, si diventa veramente tutti uguali, proprio come dovrebbe essere nella vita reale, dove purtroppo invece non sempre lo è, visto che viviamo in una società che crea divisioni, mettendoci spesso l’uno contro l’altro. Entrare in quel rettangolo di terra è un po’ come uscire fuori dal mondo esterno per entrare in un altro fatto di pozzolana, scarpini sporchi di fango e palloni pesantissimi, dove si ride, si scherza, ci si allena e poi si torna a casa felici.

ALESSANDRO ORICCHIO autore del Libro “Daniele De Rossi. Uno di Noi”.

Poi ci sono le partite: credo sia impossibile descrivere il momento pre partita negli spogliatoi, quando tutti i convocati sono lì, concentrati sulla gara, il momento in cui si indossano le maglie, l’entrata in campo. Ci si sente un’entità unica, un unico corpo fatto da 23 persone. Ha una magia particolare, si respira un’aria frizzante, fresca, che fa venire voglia di continuare a giocare a calcio fino a quando le gambe reggeranno. E infine anche il post partita, l’appuntamento fisso al bar dove, sia in caso di vittoria che di sconfitta, si brinda comunque alla partita giocata. Anni fa ci successe un episodio particolare in una trasferta in un paese vicino a Roma, dove di solito giocare non è mai semplice dal punto di vista ambientale: incontrammo la squadra contro cui avevamo giocato e per circa 2 ore facemmo gruppo tutti insieme davanti un aperitivo. Ecco, questo è il vero valore del calcio di categoria, uno sport che crea aggregazione.

Oltretutto il calcio di categoria è profondamente diverso da quello professionistico: zero riflettori, partite disputate davanti a un pubblico di 2, 3 persone, ma è pur sempre un calcio vero, giocato col cuore, da ragazzi che durante il giorno lavorano regolarmente ma che fanno quotidianamente sacrifici per non mancare mai neanche a un allenamento.”

Torniamo al tuo libro. Cosa incarna De Rossi per te?

“L’amore, la passione, l’attaccamento alla maglia. Credo che Daniele De Rossi sia stato il rappresentante in campo di tutto quel pacchetto di emozioni e sensazioni che vivono nel cuore di ogni tifoso romanista durante, e non solo durante, le partite della Roma. De Rossi è una bandiera, un esempio, anche in quei gesti che gli hanno creato problemi a livello mediatico, ma che a mio avviso hanno caratterizzato il giocatore tifoso in campo: anche negli eccessi De Rossi ha dimostrato che valore avesse per lui indossare quella maglia.”

E se dovessi raccontare la carriera di De Rossi in 4/5 immagini, momenti,  quali sceglieresti e perchè?

“Ci sono tanti episodi che hanno caratterizzato la carriera sportiva di Daniele De Rossi con la Roma. Io ne ricordi alcuni in particolare che risaltano il suo aspetto umano. Il primo ricordo che mi viene in mente è quello relativo a Roma Siena del 31 gennaio 2010. Il risultato è fermo sull’1-1, ma a pochi minuti dalla fine Stefano Okaka segna un gol di tacco su assist di Adrian Pit. Un gol che fa esplodere lo stadio, la Curva Sud intera, e Daniele De Rossi è il primo giocatore a correre dietro a Stefano Okaka, abbracciandolo proprio sotto la Curva romanista. Quello fu un abbraccio che tutti in quel momento avremmo dato a Okaka, che peraltro il giorno dopo avrebbe lasciato la Roma per accasarsi al Fulham. Ecco, De Rossi è riuscito a rappresentarci anche nei gesti semplici. Poi anche quando si è schierato apertamente a favore dei compagni criticati: Doni, Dzeko, ultimamente Kolarov. E l’altro episodio da menzionare è quando si attaccò sull’armadietto dello spogliatoio il poster di Gyomber, che aveva finito di giocare la partita contro il Sassuolo nonostante una frattura al piede. Un episodio che descrive alla perfezione chi è Daniele De Rossi. Dal punto di vista sportivo gli episodi sono tanti, come il gol in finale di Coppa Italia contro l’Inter e ovviamente il gol segnato in finale di Supercoppa a Milano sempre contro i nerazzurri.”

La copertina del Libro “Daniele De Rossi Uno di Noi”

Lo abbiamo detto non sei solo un appassionato di calcio ma un tifoso viscerale della Roma. Cosa ha provato il tifoso romanista vedendo DDR con la maglia del Boca?

“Inutile nascondere che all’inizio vederlo indossare un’altra maglia è stato piuttosto strano. L’impatto è stato notevole, soprattutto perché io lo avrei voluto vedere invecchiare con la maglia della Roma addosso. Poi però, come detto sopra, da amante del calcio giocato mi sono messo nei suoi panni e ho detto: se vuole continuare a giocare, deve continuare a giocare. E la sua scelta, per me, è stata l’ennesima dimostrazione del suo amore per la Roma: ha deciso di andarsene dall’altra parte del mondo, per provare oltretutto un’esperienza che credo sia magnifica. Il calcio argentino, il primo giocatore italiano che firma con un club argentino: un’avventura che, bisogna dirlo, ha un fascino davvero particolare.”

Un’avventura che però è appena terminata, con l’addio al calcio di Daniele De Rossi. È inevitabile quindi chiudere con una tua battuta:

“​La notizia dell’addio di De Rossi al calcio giocato l’ho appresa quasi in tempo reale: ormai con i social nework, Twitter in particolare, si riesce a essere aggiornati quasi all’istante. Devo ammettere che è un colpo al cuore, sapere che non vedrò più in campo Daniele De Rossi mi mette tanta nostalgia, mi fa sentire un po’ più vecchio. Se ho scritto il libro sulla sua carriera romanista è soprattutto per questo motivo: per illudermi che non abbia mai smesso di giocare e rivivere tutte le emozioni che ci ha regalato attraverso le pagine che gli ho dedicato.”

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