ATLETA. PREPARATORE. TECNICO. LA VITA SPORTIVA DI CLARA CESARINI

Una vita dedicata allo sport. Attualmente preparatore atletico della prima squadra del Tor lupara oltre che curare la parte coordinativa della scuola calcio e la preparazione dei 2003, 2004 dell’Atletico Vescovio. Preparatore atletico della S.S. Lazio giovani maschile e femminile dell’Hockey su prato. Tecnico federale e maestro di scherma presso il centro di preparazione Olimpica del Pentathlon Moderno di Montelibretti.
Clara Cesarini lo sport, la sua vita e le sue passioni in questa intervista per Il Supporter.

Atleta professionista nel pentathlon moderno dal 2001 al 2016, nazionale pentathlon moderno dal 2003 al 2012, 2 volte medaglia di bronzo al valore atletico del Coni 2010 e 2015, 4 europei e 2 mondiali nelle categorie giovanili, 5 coppe del mondo senior, titolo assoluto nel 2013, campionessa italiana under 18, under 21 e categoria senior. Che sia stata una carriera splendida, emozionante e vincente lo dicono i numeri. Ma cosa ti ha lo sport come persona? Quanto e come ti ha formato?
Diciamo che è stata una carriera lunga e tortuosa, ricca di soddisfazioni e di altrettante delusioni. Lo sport mi ha fatto crescer tanto non solo come sportiva ma anche come persona, ha forgiato la mia personalità, mi ha insegnato l’impegno, la dedizione e la perseveranza, il non mollare davanti gli ostacoli che ti pone la competizione ma soprattutto la vita.

Siamo partiti subito forte elencando tutti i tuoi trionfi e traguardi raggiunti. Quale la vittoria più bella in assoluto? Vogliamo inoltre chiederti le tre emozioni più forti come atleta: un successo, un momento, tre istantanee significative della tua carriera. Ovviamente motivaci le scelte.
Sicuramente la vittoria più bella è stata quella del campionato italiano assoluto del 2013. È stata una vittoria assolutamente inaspettata dove ho dovuto gareggiare con atlete forti anche 10 anni più piccole di me, nessuno si aspettava il “colpaccio” , a 27 anni dicevano “sei finita”, forse ero l’unica che ci credeva veramente e alla fine ho avuto ragione. Un altro momento importante della mia carriera l’ho raggiunto nel 2010 quando fui convocata per una delle mie prime tappe di coppa del mondo nella categoria dei “grandi” in Ungheria. Venivo da un’annata precedente dove non avevo raccolto dei risultati soddisfacenti e quindi per poter essere convocata ho dovuto dimostrare non una sola volta ma ben tre volte di essere una delle più forti, ho fatto podio in tre gare nazionali di seguito. Anche in questo caso mi era stato detto “Una rondine non fa primavera” e allora ho fatto si che tre la facessero: è stata una delle gare che mi sono più sudata e conquistata sul campo. Infine la mia ultima d’atleta, nel giugno del 2016 quando davanti a tutte le persone che mi volevano bene e alle mie compagne di allenamento ho detto addio al professionismo per dedicarmi a tempo pieno ai miei piccoli atleti.
Non siamo generosi con te però vogliamo conoscere anche la sconfitta che ti brucia di più.
Sicuramente di gare sbagliate ne ho fatte tante ma ho saputo sempre prendere il positivo da ognuna di esse ma forse la sconfitta che mi brucia di più è stata quella di non essermi riuscita a qualificare per le Olimpiadi. Un sogno che un atleta in fondo in fondo coltiva sin da quando è bambino.

Dal 2010 tecnico federale presso centro di preparazione olimpica di Montelibretti di cui fanno parte ad oggi 13 nazionali giovanili. Come hai gestito il passaggio da atleta a tecnico? E come mai hai deciso di proseguire in questo settore?
Nel 2010 sapendo gli studi che stavo intraprendendo mi è stato chiesto dalla Federazione di prendere in mano un gruppetto di bambini di 8-9 anni per indirizzarli alla pratica del pentathlon presso il Centro Federale di Montelibretti, ho accettato volentieri. Era un modo per “scaricare” dopo una giornata di allenamento, all’inizio non è stato facile, mentre le mie colleghe finiti gli allenamenti tornavano a casa a riposare io rimanevo ad allenare, spesso anche sotto la pioggia o sole cocente, ma a tutto ci si abitua. Insieme al mio collega, compagno di nazionale ed amico Marco Cordella abbiamo accettato la sfida e tirato su questo gruppo che ancora oggi stiamo seguendo, abbiamo creduto tanto in loro e i risultati non hanno tardato ad arrivare. Quasi tutti hanno vestito la maglia della nazionale per europei e mondiali di categoria. Ho deciso di specializzarmi nella disciplina della scherma, che da atleta era il mio punto forte, come tecnico nazionale ed ho deciso di proseguire concentrandomi principalmente su di essa.

Ripercorrendo la tua carriera da atleta e quella attuale, c’è una persona che per te è stato un particolare riferimento?
Nella mia vita da atleta ho incontrato tante persone che mi hanno segnato in positivo e in negativo. Oltre ai miei genitori che mi hanno sempre supportato ma soprattutto sopportato durante tutta la mia carriera agonistica, la persona a cui devo più di tutti sicuramente è Roberto Petroni ex CT della nazionale e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1982. È stato il mio primo allenatore ed è stato il primo a portarmi in ben due nazionali di due sport differenti: nel 2004 ho partecipato agli Europei giovanili sia di triathlon che di pentathlon moderno, non ha mai smesso di credere in me ed è stata una delle persone che ho visto emozionarsi più di tutte nel giorno in cui ho detto addio. Una doverosa citazione la devo fare anche dell’atleta e amica che più mi ha ispirato durante tutta la mia carriera agonistica, Claudia Corsini, bi-olimpionica, la persona più forte e più umile che abbia mai conosciuto, doti di una vera campionessa.
Domanda simile, ci sono dei tuoi colleghi che stimi in maniera particolare oggi?
Il collega che stimo in maniera particolare è sicuramente il sopracitato Marco Cordella, ci conosciamo da 15 anni e, a detta di molti e confortati dai risultati ottenuti, siamo un ottimo team di lavoro.

Oggi sei responsabile atletica del Tor Lupara e dell’ Atletico Vescovio. Come fa una ragazza a “sopravvivere” in un mondo principalmente maschilista come il calcio? Ci dicono dalla regia che sei una tipa “tosta, è vero?
Sono entrata nel mondo del calcio in punta di piedi prendendola come una sfida forse più personale che altro, all’inizio non è stato facile, come hai detto è un mondo prettamente maschile e spesso una donna in questo ambito “stona” , ma alla fine non è stato cosi male come pensavo. Mi definiscono un “maschiaccio” ho un carattere solare ma bello tosto mi sono fatta sempre rispettare ma anche voler bene, e devo dire la verità che tutti i ragazzi con cui ho collaborato mi hanno stimato e seguito per il ruolo che ricoprivo e non per il fatto di essere donna, ancora oggi con la maggior parte di loro ho un legame di amicizia forte, ci sentiamo e vediamo spesso.
Parlando di calcio e settore giovanile, tu hai una esperienza diretta nel settore. E’ vero che le generazioni più piccole sono tanto diverso dal passato? Si dice spesso che tra i ragazzi di oggi c’è poca cultura del lavoro, volta al sacrificio, all’allenamento. E’ un qualcosa che riscontri anche te? E se si, quali le motivazioni per te?
Sinceramente penso che tutto sia stato un pò rovinato dai Social ormai si preferisce stare sul telefono che uscire e giocare per strada, vedo sempre meno bambini giocare a pallone nei campetti, ai tempi nostri tornati da scuola la “tedesca” sotto casa era tappa fissa: la poca dedizione al sudore e alla fatica credo sia una conseguenza. Credo che dipenda anche dal comportamento dei genitori, che riversano le loro ambizioni incompiute sui figli . Ho notato che i genitori tendono a iper proteggere il loro piccolo sportivo. Una frase che mi è rimasta impressa un anno fa è stata questa: “Mister ma con tutta questa pioggia ci si allena lo stesso?”. Io adoravo correre sotto il temporale e questa grande differenza credo possa spiegare il tutto.
Chiudiamo con un’altra domanda di attualità. Chiacchierando abbiamo avuto conferma che sei super impegnata, hai diverse collaborazioni attive e sei sempre in movimento. E’ stata dura trasformare una passione in lavoro? Alle tue spalle non solo una carriera da atleta ma tanto studio in ambito universitario e federale. Come ci sei riuscita?
Fortunatamente faccio di ciò che mi piace il mio lavoro. Parto di casa la mattina presto e torno la sera tardi, ma sinceramente tutto ciò non mi pesa il mio motto è: “Fai il lavoro che ami e non lavorerai per tutta la vita”. Sono riuscita sempre a conciliare studio, allenamento e lavoro con grande facilità, cerco sempre di tenermi al passo con i tempi facendo quando posso anche i corsi di aggiornamento. Lavorare con i ragazzi è fantastico e con loro mi continuo mantenere giovane.
Intervista a cura di Valentino Cristofalo