BASKET | IL MODELLO STELLA AZZURRA: INTERVISTA A GIACOMO ROSSI
Il modello Stella Azzurra. Tra palcoscenici nazionali e internazionali andiamo alla scoperta di uno dei migliori settori giovanili d’Europa. Una chiacchierata con Giacomo Rossi, premiato come dirigente dell’anno 2017/2018 della Serie B.
Partiamo da una delle ultime notizie, sei stato premiato come miglior dirigente 2017/2018 Serie B: cosa significa per te questo titolo?
Significa che lo scorso anno la squadra ha sorpreso tutti, non solo noi. Siamo arrivati ad una semifinale promozione al termine di un campionato fantastico. E ci siamo arrivati seguendo il nostro “credo”, ovvero facendo giocare i giovani e giovanissimi. Siamo addirittura arrivati al paradosso che Gara3 di semifinale l’abbiamo giocata con gli Under16 quasi…visto che in contemporanea l’Under18 era impegnata nella finale di Eurolega. Personalmente è una bella gratificazione, ma credo che il premio sia inteso a tutto il modello Stella Azzurra, quindi a tutte le persone che lavorano soprattutto fuori dal rettangolo di gioco.
Leggendo una tua intervista ci siamo soffermati su una tua riflessione relativa al ruolo dei dirigenti nel basket italiano. Cosa pensi che possa mancare per farne un vero e proprio lavoro? Come interpreti invece te il ruolo da manager?
Cosa manca per farne un vero e proprio lavoro? La risposta è semplice: una rispettabilità economica. Oneri e onori, si dice… ma spesso in questo ruolo si hanno decisamente più oneri. Il “dirigente” può farlo chiunque. E può farlo bene o male. Penso alle altre figure nel nostro sport: se vuoi diventare allenatore devi studiare, aggiornarti, essere tutelato. Così come se sei un giocatore o un preparatore o un agente. Il dirigente invece è una figura così ampia per la quale in effetti è difficile trovare un percorso univoco per la sua crescita, ma di contro, non c’è tutela per chi lo vorrebbe fare come lavoro. Ci sono moltissimi dirigenti, anche più bravi di me, che non riusciranno a fare questo nella vita in quanto ad un certo punto il gioco non vale più la candela. Le garanzie non ci sono, si sfrutta la passione delle persone fino a quando…non gli passa la voglia. Il dirigente è un lavoro importante, ovviamente sono di parte, chi lo fa gli dedica praticamente tutta la sua giornata in tutti i suoi giorni. Credo debba essere un ruolo apicale di ogni organizzazione. Se qualcosa non funziona la colpa direttamente o indirettamente è sua, quindi deve essere preparato, aggiornato, attento, flessibile e soprattutto molto creativo.
La Stella Azzurra è un vero e proprio modello di settore giovanile. Molti gli attestati di stima che provengono da tutto il mondo ed in particolare dagli Stati Uniti, patria del basket. Come è stato possibile costruire un Academy così importante? Su quali valori poggiate il vostro progetto sportivo, formativo ed educativo?
Ciò che siamo oggi lo dobbiamo all’aver deciso di guardare sempre oltre e altrove. Germano D’Arcangeli ha creato questa Stella Azzurra cercando di farne un teatro dove persone diverse potessero dare il meglio di loro stessi. E quando le idee si esauriscono ecco che la Stella si muove, viaggia, invita, guarda e ascolta. In tutto il mondo. Non credo che siamo unici nel Mondo, anzi, ma sicuramente siamo sempre pronti a vedere le cose nuove con curiosità e attenzione. Ammetto però che le cose facili non sono fatte per noi…ma quelle facili è anche vero che chiunque potrebbe farle.
Uno degli aspetti fondamentali è l’attenzione che ponete al binomio allenamenti – studio. I vostri ragazzi fanno molti sacrifici, puoi descriversi la giornata tipo di un vostro atleta dal mattino alla sera? Vogliamo far capire che dietro ai risultati nello sport c’è un mondo di determinazione e costanza.
Quando facciamo un colloquio di reclutamento dico sempre che la scuola fa parte del basket. E non è la solita favola detta per convincere la mamma o il papà. Porto sempre questo esempio: se perdi un anno e finisci la scuola a 20 anni, anziché a 19, il tuo posto nel mondo del “professionismo” sarà sicuramente preso ad uno di pari valore ma di un anno più giovane. Quindi la porta si chiude. Come se non hai i voti giusti si chiudono le porte dei college americani. Certo è, che non tutte le scuole riescono ad essere accattivanti con gli adolescenti di oggi, il modello andrebbe un po’ rinnovato, così come le modalità di insegnamento perché come in tutte le cose se una persona non è interessata difficilmente riesce a fare bene ciò che gli viene chiesto. Noi abbiamo trovato una scuola – il “Liceo Pascal” – che ha attivato una sperimentazione unica in Italia con noi, tramite il Ministero dell’Istruzione. Di fatto un percorso accademico creato assieme da allenatori e professori. Questo aiuta molto i nostri ragazzi.
Il vostro oggi è un vivaio multiculturale, fanno parte delle vostre squadre ragazzi provenienti da ogni parte del mondo. Se dicessimo che la Stella Azzurra, oltre ad essere un modello organizzativo è anche un modello di integrazione, andiamo lontani dalla realtà?
Siamo sicuramente più integrati che organizzati… A parte le battute la Stella Azzurra come detto è un “hub” internazionale per chiunque operi nel basket. Dai giocatori, agli allenatori, ai dirigenti e agli scout. Non ci sono confini di nazionalità e neanche di età che poi secondo me un “razzismo” molto più deleterio. Spero che le nuove generazioni non avranno mai il problema di vedere una persona bianca o nera, ma temo che vivranno in un mondo dove ci sono le persone “esperte” e quelle sempre “troppo giovani”. L’integrazione che vogliamo qua è totale, di nazionalità, di cultura ma anche di età.
Scouting: come vengono selezionati e valutati i ragazzi? Cosa deve avere un giovane per valere la chiamata della Stella Azzurra?
E’ un processo molto ampio e complicato, ma che ha delle “deviazioni” ed è da lì che spesso arrivano i giocatori più interessanti. Noi abbiamo una rete di scouting che ormai copre veramente tutti i Continenti, già a 14-15 anni riusciamo ad avere una “mappatura” chiara dei più interessanti. E da lì cerchiamo di trovare le persone più interessanti, ma al tempo stesso più adatte al nostro sistema di lavoro. Ci sono giocatori che da noi sono perfetti ed altri che lo sono altrove. Quindi non si tratta solo di trovare il migliore in circolazione, bensì il migliore in considerazione del tuo contesto. La fortuna della Stella Azzurra del nuovo millennio è che quasi chiunque è disposta a venirci, quello che dobbiamo fare noi è saper scegliere. Perché dietro ad ogni scelta ci sono tanti soldi e tanto lavoro. Individuare un giocatore forte probabilmente riesce a chiunque, scoprire Doncic è facile. Più complicato è riuscire a dire no a ragazzi fortissimi ma che pensi non abbiano un certo tipo di futuro. Ecco credo che alla fine la bravura di uno Scout debba essere più quella di eliminare dei giocatori da una lista, piuttosto che aggiungerli. Poi comunque si sbaglia. E dico per fortuna, perché è il percorso che i ragazzi fanno che li rendono giocatori, non solo il talento che hanno.
Dal tuo punto di vista quali sono i club che ammiri da un punto di vista di settore giovanile? Puoi risponderci con club italiani o esteri indistintamente. I tuoi modelli di riferimento!
Più che modelli di riferimento, direi modelli da cui vorrei “rubare” qualcosa. Ammiro la durezza organizzativa e mentale della Stella Rossa. La creatività del MegaLeks. La pazienza dello Zalgiris e l’organizzazione del Real Madrid. Ma la cosa più bella è stata sentirsi dire da tre dei quattro Club sopra citati che loro vedono in noi il loro punto di riferimento. Io non ci credo…ma è comunque bello sentirselo dire…
Quali i principali talenti prodotti dalla Stella Azzurra negli ultimi anni?
Sono tanti che hanno fatto una parte del loro percorso con noi. Tra gli italiani direi Palumbo, Okeke, Cucci, oltre a Bucarelli e Moretti che hanno fatto una stagione con noi. Poi ci sono i “veterani” Bushati, Fall e Giampaolo Ricci. Ma soprattutto abbiamo tanti ragazzi in rampa di lancio in A2 con varie maglie. Tra quelli all’estero mi vengono in mente Ulaneo e Da Campo negli Stati Uniti, Karvanen del Cska Mosca, Pazin del Partizan, Sikiras al Fuenlabrada, Maslinko a Skopje e Pallson in Islanda. In attesa della nuova “nidiata” dei nati tra il 2000 e il 2004, dove tra chi già ha spiccato il volo e chi lo farà secondo me c’è del discreto materiale.
Concludiamo con delle domande personali:
– Qual era il tuo idolo sportivo da bambino? Tracy McGrady nel basket, Usain Bolt nello sport in generale.
– Quale oggi il tuo giocatore italiano preferito e quello straniero?Italiano dico Marco Giuri, perché me lo ricordo giovane nella mia Virtus Siena. E’ la dimostrazione che la tenacia e la determinazione, anche se in ritardo, alla fine pagano sempre. Lo straniero troppo facile: Doncic.
– Quale il manager che attualmente guardi con ammirazione? Gianluca Pascucci dei Nets e poi mi piacciono praticamente tutte le scelte che fanno Sindoni di Capo d’Orlando e Trainotti di Trento. Anche se il manager che più ammiro è un mio amico, quindi non voglio dire il nome…senno poi lo scopre.